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Testata editoriale a cura dell’A.S.I.C.

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Cydonia, un mistero analizzato dall'informatica (parte prima)
Con questo articolo inizieremo a trattare l'affascinante ed intrigante tema del mistero, concentrandoci principalmente, ove possibile, sull'aspetto informatico dell'indagine scientifica. A tal proposito inizieremo con una serie di tre articoli sul mistero di Cydonia, la "mitica" pianura Marziana in cui si trova "la Faccia", si é preferito questo ad altri misteri semplicemente perchè lo studio di tale fenomeno é stato completamente realizzato tramite l'analisi informatica delle foto provenienti dal Pianeta Rosso.

Fin dal lontano 1877 il nostro "rosso vicino" stuzzicò la fantasia di Giovanni Schiapparelli (astronomo italiano), che ipotizzò l'esistenza di canali sulla superficie marziana. Per motivi legati alla traduzione del testo, la sua considerazione fu travisata e diede adito ad altre fantasiose interpretazioni.

Tra i tanti rimase profondamente colpito, dalle teorie dell'astronomo italiano, Percival Lowell che decise di costruire un osservatorio, lontano dai centri abitati ed in altura, al fine di poter meglio studiare questo interessante fenomeno. Come lui altri si interessarono a Marte e nacquero alcune bizzarre teorie che, coinvolgendo i "mitici" omini verdi, sostenevano che i canali erano strutture artificiali per il deflusso dell'acqua dalle calotte polari a tutta la superficie del pianeta; inoltre non osservando alcun tipo di ponte a sovrastare tali canali fu ipotizzata l'esistenza di macchine volanti per garantire gli spostamenti degli "operosi abitanti di Marte".

Cydonia

Fu solo dopo la missione Mariner 4, partita dalla terra il 28 novembre 1964, che molti miti su Marte si sciolsero come neve al sole di una limpida giornata marziana. Da quel momento si susseguirono le varie missioni spaziali verso Marte, ed aumentò la quantità di informazioni, specialmente visive, che venivano messe a disposizione degli studiosi. Ed é proprio in questo periodo che nasce il "Mistero del volto e delle piramidi marziane". Il primo fotogramma fu scattato dalla sonda Mariner 9 (8 febbraio 1972) sorvolando la piana di Elysium: questa, nota col nome di "MTVS 4296", mostrava un raggruppamento di piramidi tetraedriche, simili a quelle riportate nella figura sopra; ovviamente tale particolarità venne liquidata molto semplicemente con la frase "È un gioco di luci causato dall'albedo della superficie del pianeta" ma in pochi credettero a tale affermazione ed alcuni si dedicarono allo studio di quel fotogramma e di altri che riprendevano la stessa regione, concludendo che le ombre generate da quelle costruzioni erano eccessivamente regolari per essere dei semplici giochi di luci ed ombre.

Comunque tale enigma perse brevemente d'interesse per le eccessive dichiarazioni ufficiali volte esclusivamente a celare una tale scoperta, ma il 25 luglio del 1976 Tobias Owen, un membro della squadra del Viking, osservando alcuni fotogrammi per determinare il luogo più adatto per far scendere il lander della sonda Viking II, esclamò: "Oh, mio Dio, sembra un volto", stava guardando il fotogramma numero 35A72, quello che contiene in un'area di 64x64 pixel (ciascun pixel rappresenta un'area di metri 45,7x47,2) la famosa Faccia, visibile nella realizzazione 3D della piana di Cydonia eseguita da Mark Carlotto.

Anche in questo caso si cercò di liquidare la cosa in modo molto rapido, tirando fuori l'ormai consolidata ed efficace dichiarazione fatta per le piramidi di Elysium, ma stavolta il risultato fu leggermente diverso.

Infatti in un primo tempo tutto si calmò, fino a quando nel 1979 Vincent DiPietro (ingegnere elettronico ed esperto in elettronica digitale e in elaborazione delle immagini) ed un suo collega di lavoro Gregory Molenaar (informatico ed anche lui esperto di elaborazione delle immagini) riscoprirono negli archivi del Goddard il fotogramma che conteneva la faccia. Basandosi sulle dichiarazioni della NASA, in base alle quali in una foto successiva della stessa zona non figurava alcun volto, si misero alla ricerca di questo secondo fotogramma, ma tale ricerca portò alla luce un secondo fotogramma (70A13) della faccia, ripreso da un angolatura diversa da quello precedente, in cui il sole era basso sull'orizzonte, mentre in questo secondo fotogramma il sole é alto e permette una migliore visione della faccia.

Entrambi iniziarono a lavorare ad un efficace metodo di ottimizzazione delle immagini, al fine di far risaltare maggiormente il volto e poter determinare in modo definitivo se si trattava di un gioco di luci ed ombre o di una costruzione artificiale; a tal fine svilupparono un procedimento di ottimizzazione che chiamarono SPIT da spitting image (Starburst Pixel Interleaving Technique), che permise loro di migliorare notevolmente la qualità dell'immagine.

In seguito si avvalessero anche della collaborazione di Mark Carlotto, altro esperto di elaborazione di immagini, ma le conclusioni a cui arrivarono e gli strumenti che utilizzarono saranno illustrate nel prossimo articolo.
Bonfiglio Vincenzo
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